Anche a Bologna e provincia, come già avvenuto in altre regioni e province, le Organizzazioni Sindacali in Unicredit hanno indetto un ciclo di assemblee per chiedere alle lavoratrici ed ai lavoratori mandato di sciopero. La mobilitazione che ha carattere nazionale, ma si sta articolando anche in scioperi territoriali, fonda le sue ragioni nella profonda disorganizzazione causata da un piano industriale che ha visto circa 9.000 uscite di personale in 5 anni accompagnato da un piano di assunzioni che non si è rivelato sufficiente.
Nonostante la firma a livello nazionale di importanti accordi come il Piano Giovani, che consentono 550 assunzioni entro il 2019 + 430 dei vecchi piani, la riorganizzazione non è stata per nulla adeguata ed ha portato la situazione delle lavoratrici e dei lavoratori ad insostenibili livelli sia per i carichi di lavoro sia per le pressioni commerciali sempre più forti nonostante gli accordi firmati e la situazione del Paese. Secondo le stime dei sindacati, ad esempio, a Bologna e provincia “manca almeno il 20%” dell’organico e servirebbero almeno 30/40 nuove assunzioni.
Stefano Severino della Fisac-Cgil sostiene che “ci troviamo di fronte ad una mobilitazione che trova sì le sue ragioni all’interno delle condizioni di lavoro, ma che guarda mai come prima al servizio che come dipendenti di banca vogliamo dare. Ogni sciopero crea un disservizio alla clientela, ed il disagio serve per attirare l’attenzione sulle condizioni di lavoro, ma le nostre condizioni attuali sono già alla base del servizio che offriamo». L’obiettivo di questo sciopero, allora, sarà di «costringere l”azienda a riconoscere le sue lacune e responsabilità, perché carenza di organici, pressioni commerciali, mobilità elevata e disorganizzazione hanno effetti negativi sui dipendenti e sulla clientela».
Per Stefano Grillini della First-Cisl, «con l’ uscita anticipata di molti colleghi esperti e l’arrivo in filiale di pochi giovani di buona volontà ma inesperti, rischiamo di fornire un servizio inadeguato alla clientela come nella cultura lavorativa dei dipendenti della nostra Banca.”. Secondo Paolo Benassi della Fabi, inoltre, “dal mese di settembre, consapevoli delle difficoltà organizzative e gestionali createsi in banca, abbiamo intrapreso un percorso negoziale che permettesse di individuare soluzioni condivise per migliorare il clima aziendale pesantissimo. Abbiamo trovato un muro di gomma, la vertenza ora è nazionale, la mobilitazione verte su pressioni commerciali inaccettabili, carenza di organico, formazione carente e disorganizzate, stress per i lavoratori. Ora diciamo basta, vogliamo fornire un servizio degno di questo nome alla clientela e partiamo con la mobilitazione forti dei grandi risultati degli scioperi locali che hanno fatto da apripista e sono un termometro di una febbre molto alta”. Ma a risentirne è anche la quotidianità, nelle sue mansioni ordinarie ma da non sottovalutare nella loro importanza.
La formazione ad esempio, come sostiene Gianluca Faccioli della Uilca, non viene fatta correttamente facendo scorrere il corso tra un cliente e l’altro o peggio ancora copiando le risposte di altri colleghi per concluderlo più velocemente possibile, e in molti casi viene fatto da casa fuori orario di lavoro eludendo le norme contrattuali».
E come ribadisce Daniele Nesci di Unisin “dobbiamo denunciare la scarsa attenzione dei responsabili ai vari livelli a una corretta programmazione della formazione, indispensabile per gestire al meglio le normative ed il corretto rapporto con la clientela”.
Lo sciopero di Unicredit, con caratteristiche anche territoriali, si svolgerà con ogni probabilità a ridosso delle festività natalizie e chiama alle loro responsabilità non solo i manager nazionali e le strategie macro, ma anche e soprattutto tutto il management intermedio, quello che opera in provincia ed in regione e che fa delle pressioni commerciali obiettivo della propria quotidianità. Per questo la mobilitazione sarà accompagnata anche da una campagna informativa nei confronti della clientela.