Dichiarazione congiunta del segretario generale UIL Emilia Romagna, Marcello Borghetti e del presidente Adoc Emilia Romagna, Manuel Michelacci su centri estivi a Bologna
«Centri estivi sempre più cari, soprattutto a Bologna, con un aumento medio del 10% rispetto all’anno precedente. È quanto emerge dall’analisi realizzata da Adoc ed Eures sulla base dei costi dei centri estivi non convenzionati per bambini. Con un focus sul capoluogo emiliano-romagnolo.
Tra le città del Nord, Bologna, con 148 euro per il tempo pieno e 98 per l’orario ridotto, segna il secondo valore più elevato. Proiettando il costo medio a settimana per 8 settimane il prezzo che dovrebbe sostenere una famiglia di Bologna si attesterebbe a 1.180 euro per un figlio e a 2.278 per due figli. L’incremento più elevato risulta la città di Bologna, dove i costi sono saliti del 24,7% (passando da una media di 110 euro per una settimana a tempo pieno a 137 euro).
Il Comune di Bologna fornisce una ricca offerta di centri estivi convenzionati, distribuiti su tutto il territorio comunale, per i quali bambini/e e ragazzi/e tra i 3 e i 17 anni con disabilità certificata ai sensi della Legge 104/1992, oppure bambini/e e ragazzi/e di età compresa tra i 3 e i 13 anni con un’Isee fino a 35 mila euro, possono richiedere un contributo pari a 100€ a settimana fino ad un massimo di 300€.
I servizi offerti alla genitorialità sono indubbiamente legati alla partecipazione femminile al mercato del lavoro. A maggior ragione in quello bolognese, dove spicca un tasso di disoccupazione femminile tra i più bassi in Italia, pari al 4%, ma con una disparità di salario che in alcuni settori arriva addirittura al 43.6%. Un dato così alto è figlio proprio dell’enorme quantità di part-time tra le lavoratrici, tra le cui motivazioni rientra senz’altro la necessità dei lavori di cura. Il tutto è esacerbato per le famiglie che non hanno una rete familiare di supporto e Bologna è una città con un saldo migratorio stabilmente positivo. Oggi sono ancora purtroppo le madri che, se prive di aiuti, sono molto spesso costrette a rinunciare ad un lavoro full time, anche per la difficoltà di affrontare costi così alti. Si alimenta ulteriormente, quindi, il fenomeno dei working poors, a causa del combinato disposto di servizi insufficienti e bassi salari.
Oltre ai contratti scaduti, alcuni da più di 10 anni, ci sono milioni di persone che oggi vedono i loro salari gravati ulteriormente dalla crisi e dall’inflazione degli ultimi due anni. Il programma scuole aperte del Comune di Bologna sarà un’altra risposta tangibile che cercherà anche di mitigare i costi, ma lo farà solo a tempo parziale, con il nodo da sciogliere del personale impiegato e della sua sostenibilità nel tempo. L’inverno demografico si combatte con le politiche pubbliche e non possono essere le singole città ad affrontarlo».