Dichiarazione congiunta delle segreterie di Filcams Cgil Bologna; Fisascat Cisl AMB; Uiltucs Uil ER; Usb Lavoro Privato e Sgb su Fiera di Bologna
Dopo due anni di restrizioni che hanno condizionato pesantemente le attività del quartiere fieristico di Bologna, che hanno visto un massiccio utilizzo degli ammortizzatori sociali, un importante piano di esodo dei lavoratori e una massiccia riorganizzazione societaria fatta di acquisizioni e scorpori in società di scopo, riparte il fitto calendario autunnale delle fiere, tra le quali Cersaie, Salone nautico, Saie ed Eima.
Negli ultimi due anni BolognaFiere, con il pretesto del progetto di fusione con la Fiera di Rimini poi accantonato, ha imposto lo scorporo delle attività di gestione del quartiere attraverso una cessione di ramo d’azienda e il trasferimento dei lavoratori – gli stessi che nel 2016 si opposero al famoso piano di licenziamenti del presidente Boni – incassando, nel frattempo, una ricapitalizzazione di 5 milioni di euro dai soci pubblici (Comune e Regione).
L’imminenza e la necessità storica di quella operazione, nel solco delle macerie che la pandemia da Covid ha lasciato anche nel nostro territorio, era così ineluttabile che gli stessi soci pubblici, per tramite dell’assessore regionale al lavoro Colla, si impegnarono solennemente a vigilare sui processi di riorganizzazione e sul mantenimento della qualità del lavoro.
Nel 2021 e nel 2022, poi, ben due contratti di espansione hanno accompagnato alla pensione una cinquantina di dipendenti addetti alla gestione del quartiere: la riorganizzazione doveva servire, oltre che ad adeguare l’organizzazione del lavoro alle sfide di una nuova concezione delle manifestazioni fieristiche, ad una stabilizzazione e consolidamento delle mansioni degli addetti al quartiere, favorendo il ricambio generazionale e l’evoluzione dell’organizzazione stessa.
Ebbene, quello a cui i lavoratori e le rappresentanze sindacali assistono in questi giorni, invece, è l’utilizzo ostentato e senza freni, da parte della direzione di BolognaFiere, di personale in appalto dalla sicurezza al controllo accessi, alla viabilità, e alle attività complementari, in una mortificazione costante delle funzioni e delle mansioni del personale diretto; lo stesso diritto dei lavoratori precari storici a Tempo Determinato, che negli accordi sindacali sottoscritti gode del diritto di prelazione alla chiamata, è bellamente disatteso, alla faccia del mantenimento della qualità del lavoro ed al rispetto degli impegni.
Ricordiamo che i lavoratori in appalto “godono” di condizioni di lavoro e salariali, rispetto al personale diretto di BolognaFiere e delle Aziende del Gruppo, di gran lunga peggiorative e differenziate, al ribasso, a seconda della mansione.
Il protocollo di sito firmato in città metropolitana nel 2019 aveva ad obiettivo, tra gli altri, il contenimento all’utilizzo del dumping salariale nelle forniture di appalti e subappalti nella gestione della Fiera.
Quello che i lavoratori del quartiere fieristico di Bologna chiedono è semplice: stabilizzazione dei tempi determinati, mantenendo la stessa retribuzione e diritti, con CCNL del Terziario, Distribuzione e Servizi e di ogni accordo collettivo riferibile a livello locale e aziendale, stop all’utilizzo di personale in appalto e sottopagato a svolgere le mansioni del personale assunto direttamente, vigilanza e controllo delle istituzioni pubbliche sulla “fiera del precariato” che è diventata il quartiere di Bologna.
Per questo le OO.SS. di BolognaFiere, congiuntamente, proclamano lo stato di agitazione dei lavoratori del quartiere e chiedono l’apertura di un tavolo istituzionale per affrontare i problemi sollevati e porre un freno alla deriva di degrado della qualità del lavoro in Fiera.