Dichiarazione congiunta delle segreterie regionali della pesca di Flai Cgil; Fai Cisl; Uila Pesca Uil su settore pesca
A rischio il settore pesca per la crisi energetica: bene le prime risposte da Governo e Regioni, ma che non si lasci indietro nessuno. L’aumento dei costi del carburante è intervenuto come un colpo mortale, su un settore che era già agonizzante.
Le politiche messe in campo da anni per la tutela dell’ambiente e della risorsa ittica, necessarie e inderogabili, non sono ancora riuscite a raggiungere quel tanto ambito limite di sostenibilità della risorsa(il rendimento massimo sostenibile o MSY), ne la sostenibilità sociale.
La maggior parte delle imprese di pesca italiane e i loro dipendenti, già da tempo al limite della sopravvivenza, da due mesi a questa parte sono al di sotto di tale limite per l’impennata del prezzo del gasolio.
Per questo fin dal primo minuto di questa crisi i rappresentanti delle imprese e quelli dei lavoratori si sono schierati dalla stessa parte, per chiedere al Governo tutte le compensazioni necessarie a consentire al settore di sopravvivere al momento contingente, fino al momento in cui sarà ripristinata una redditività d’impresa che giustifichi la fatica e il rischio di fare il pescatore.
In ogni crisi economica massima attenzione deve essere rivolta alla tutela dei soggetti più deboli.
Un particolare poco noto del comparto pesca è che la redditività di impresa interessa doppiamente i lavoratori dipendenti. Come negli altri settori economici l’impresa dev’essere florida per non rischiare la chiusura e la perdita del posto di lavoro. Ma l’interesse ulteriore dei pescatori sta nel fatto che la retribuzione è una compartecipazione alla redditività di impresa. Al ridursi dell’utile, si riduce anche la retribuzione. Nella fattispecie l’incremento del prezzo del gasolio grava anche sui dipendenti attraverso la riduzione delle loro retribuzioni. Per consentire la sopravvivenza delle famiglie di imprenditori e dipendenti è quindi necessario che gli aiuti economici che verranno erogati siano distribuiti sia agli uni che agli altri.
Nell’attuale situazione economica non sono inoltre più tollerabili le lentezze amministrative degli Istituti che ricadono sui lavoratori del settore. Devono essere immediatamente pagate le spettanze per diritti già maturati: le indennità per fermo pesca sono erogate dopo oltre un anno, quelle per disoccupazione, malattia o infortunio tardano dei mesi.
Dobbiamo dare atto che quasi tutte le imprese di pesca si sono fatte carico, anche in questi due mesi di perdite economiche, dell’onere di non licenziare i propri dipendenti garantendo loro almeno il minimo necessario alla sopravvivenza. Non è giusto che tale onere gravi solo sulle imprese, perciò continuiamo a chiedere al Governo che venga immediatamente reso esigibile l’ammortizzatore sociale del settore, la CISOA. Nel frattempo non si devono lasciare sole imprese e lavoratori, rischiando che la disperazione faccia prendere decisioni sbagliate, controproducenti, o addirittura illegittime.
A garanzia che sia prestata la massima attenzione ai diritti dei più deboli, le Organizzazioni Sindacali regionali della pesca chiedono di incontrare al più presto:
- le Cooperative dei pescatori di ogni marineria per individuare le migliori soluzioni da proporre alle imprese a ulteriore tutela dei propri dipendenti
- l’Assessore regionale alla pesca per confrontarsi sulle particolari esigenzendei lavoratori dipendenti, nel più vasto contesto della crisi del comparto
Riteniamo che i temi contingenti e quelli più strutturali del comparto debbano essere affrontati sistematicamente attraverso un confronto permanente tra tutti gli attori coinvolti e interessati al settore pesca e acquacoltura.