Dichiarazione congiunta dei segretari di Cgil Camera del lavoro metropolitana di Bologna, Cisl Area metropolitana bolognese e Uil Emilia-Romagna e Bologna, Maurizio Lunghi, Danilo Francesconi e Giuliano Zignani su incontro del ministro del Lavoro, Luigi Di Mario e i riderr
La Carta dei diritti del lavoro digitale nel contesto urbano si è realizzata a Bologna non a caso. Bologna e la sua area metropolitana rappresentano da decenni un livello avanzato di relazioni sindacali, industriali e sociali. Il “Patto per Lo Sviluppo futuro della Città Metropolitana” (siglato nel dicembre del 2015 da tutti i soggetti istituzionali, sociali ed economici) propone di trovare risposte, in termini di tutela per i nuovi lavori, determinando nuove regole sul mercato del lavoro in grado di aiutare un contesto produttivo in crisi, riducendo la disoccupazione strutturale e avviando una nuova fase di trasformazione, legata alle nuove tecnologie.
Per questo i livelli istituzionali, le forze economiche e sociali locali dimostrano attenzione e sensibilità alle condizioni di chi lavora, come in questo caso, fornendo un servizio a domicilio.
Non sono lavoretti; sono effettivamente la punta di un iceberg che si allargherà sensibilmente anche attraverso le nuove tecnologie e le nuove esigenze di servizio delle famiglie ma anche delle imprese.
Per questo sarebbe utile che il neo Ministro, anziché parlare ai soli lavoratori interessati, rispetto alla moltitudine (di altri lavoratori) che attendono risposte, convocasse le parti sociali e le imprese che forniscono i servizi in generale chiedendo l’applicazione, come condizione minima della Carta di Bologna e dei contratti di lavoro. Avviando così un confronto più ampio che guardi all’insieme del mercato del lavoro italiano dove vi sono milioni di persone che lavorano in condizioni analoghe se non peggiori.
La Carta dei diritti del lavoro digitale non può essere oggetto di mera propaganda, magari strumentalizzando i diretti interessati, meglio inserirla in un rapido confronto tra le parti, con l’impegno di estendere i contenuti, sapendo che la Costituzione stabilisce che la definizione del salario minimo spetta ai contratti e alle parti sociali da cui il Governo e il Parlamento traggono gli elementi per eventuali passaggi per via legislativa.